Tumore ovarico: migliorare gli strumenti di diagnosi precoce - Humanitas 5x1000 Facebook Twitter WhatsApp LinkedIn Telegram

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Tumore ovarico: migliorare gli strumenti di diagnosi precoce

Diagnosi precoce del tumore ovarico mediante il rilevamento del DNA tumorale nei campioni di PAP test
Responsabile: MAURIZIO D’INCALCI

Il carcinoma dell’ovaio solo in Italia colpisce circa 5.200 donne ogni anno

Nella maggioranza dei casi la diagnosi è tardiva, quando la malattia è già in uno stadio avanzato con molteplici metastasi. La prognosi è quindi molto spesso infausta.
Per migliorare significativamente la sopravvivenza delle pazienti con tumore ovarico l’unica strada è la diagnosi precoce: quando la diagnosi avviene al primo stadio della malattia, infatti, si ottiene la guarigione nella maggioranza dei casi.
I ricercatori Humanitas pensano che la diagnosi precoce sia un obiettivo raggiungibile.

Le premesse che hanno portato al progetto

La ricerca parte dall’ipotesi che il DNA delle cellule del tumore ovarico si possa trovare nel canale endocervicale anche nelle fasi iniziali della malattia, e che sia rintracciabile attraverso PAP test. Per identificarlo i ricercatori hanno analizzato le mutazioni di TP53 (sempre presenti nel carcinoma sieroso ad alto grado dell’ovaio, il tumore ovarico maligno più frequente e più letale). Nella maggioranza dei casi i carcinomi ovarici hanno origine nelle tube di fallopio e le mutazioni di TP53 sono eventi precoci della malattia. Dalla tuba, le cellule tumorali possono staccarsi e passare nell’utero, ed essere così identificate nel canale endocervicale.

Gli obiettivi del progetto sono due

I ricercatori hanno obiettivi importanti. Con il loro lavoro vogliono:
1) migliorare l’analisi del DNA, rendendo più sensibile e precisa la misura delle mutazioni del gene TP53 nei PAP test, e sviluppare così un test robusto per studi prospettici su ampie casistiche;
2) validare la metodica monitorando 100 donne con alta probabilità di ammalarsi di carcinoma dell’ovaio per una predisposizione genetica e proporre l’asportazione di tube e ovaie solo in presenza di mutazioni di TP53 riconducibili a una forma iniziale di carcinoma ovarico.