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Enciclopedia

Fibrillazione atriale (FA)

Si tratta dell’aritmia più diffusa nella popolazione mondiale e la sua prevalenza tende a crescere con l’aumentare dell’età. Pur non essendo di per sé pericolosa per la vita, può esporre a delle complicanze che – in alcuni casi – possono rivelarsi molto invalidanti.

Le tre tipologie di fibrillazione (le tre P-> Parossistica, Persistente, Permanente)

La fibrillazione atriale è un’aritmia sopraventricolare che viene innescata da impulsi elettrici provenienti da cellule muscolari miocardiche presenti al livello della giunzione tra le quattro vene polmonari e l’atrio sinistro.

Nella fibrillazione atriale l’attività elettrica degli atri è completamente disorganizzata e non corrisponde ad un’efficace attività meccanica. Le onde di depolarizzazione atriale (dette onde f) sono di piccola ampiezza e hanno una frequenza elevatissima (400-600 impulsi al minuto). In queste condizioni il nodo atrioventricolare (NAV) riceve dall’atrio molti più impulsi di quanti sia in grado di condurne, esercitando pertanto una funzione di filtro che trasmette ai ventricoli un numero di battiti non eccessivamente elevati: numerosi impulsi penetrano, difatti, solo parzialmente nel NAV per bloccarsi al suo interno. Questa variabilità della conduzione atrioventricolare fa in modo che i ventricoli si contraggano con irregolarità. Gli aspetti elettrocardiograficamente salienti della fibrillazione atriale saranno pertanto la presenza di onde f e l’irregolarità dei battiti.

Dal punto di vista clinico la fibrillazione atriale si suddivide – in base al modo di presentazione – in:

Parossistica: quando gli episodi si presentano e si risolvono in modo spontaneo in un tempo inferiore ad una settimana.

Persistente: quando l’episodio aritmico non si interrompe spontaneamente ma solamente in seguito a interventi terapeutici esterni.

Permanente: quando non siano ritenuti opportuni dei tentativi di cardioversione o gli interventi terapeutici si siano dimostrati inefficaci.

Chi colpisce e come si manifesta?

La fibrillazione atriale colpisce lo 0,5 -1% della popolazione con una prevalenza che aumenta con l’età (0,1% sotto i 55 anni, 8-10% oltre gli 80). La maggior parte dei soggetti affetti ha quindi più di 65 anni; gli uomini sono solitamente più colpiti rispetto alle donne.

In taluni casi si presenta in assenza di apparenti condizioni favorenti, ossia in assenza di una cardiopatia strutturale o di condizioni sistemiche (come l’ipertiroidismo) che la possano determinare. Si parla pertanto di fibrillazione isolata e rappresenta di solito meno del 30% dei casi. Vi sono anche condizioni che possono favorire la fibrillazione atriale: ipertensione arteriosa (presente in circa il 50% dei casi), diabete mellito, patologie delle valvole cardiache, insufficienza cardiaca, esiti di chirurgia cardiaca.

La fibrillazione atriale è spesso associata a dei sintomi; i più frequenti sono: dispnea, palpitazioni, debolezza o affaticabilità, raramente sincope, dolore toracico. In taluni casi è asintomatica o se sono presenti sintomi non vengono riconosciuti dal soggetto affetto, che si limita solo ad adeguare il proprio stile di vita. Un esempio è la riduzione della tolleranza allo sforzo.

Oltre ai sintomi, talvolta invalidanti, la fibrillazione atriale mette anche a  rischio di eventi trombotici, poiché l’immobilità meccanica degli atrii favorisce la formazione di coaguli che possono successivamente migrare nel circolo cerebrale e provocare ischemie e ictus cerebrale.

Nelle persone interessate da fibrillazione atriale la mortalità cardiovascolare è aumentata e la qualità della vita è ridotta. Inoltre la persistenza della fibrillazione atriale determina un rimodernamento degli atrii, che assumono caratteristiche anatomiche, elettriche e strutturali (dilatazione, fibrosi) tali da favorire il perpetuarsi dell’aritmia.

Diagnostica

Gli strumenti diagnostici sono i seguenti:

  1. elettrocardiogramma,
  2. Holter ECG 24 ore,
  3. che integrano una visita aritmologica.

In alcuni casi, qualora non siano sufficienti esami semplici come quelli suddetti, si possono eseguire delle indagini più approfondite quali ad esempio lo studio elettrofisiologico endocavitario.

Trattamenti

Nel percorso terapeutico va valutata la modalità di presentazione (parossistica, persistente, permanente), la presenza di una cardiopatia strutturale o di altre condizioni favorenti.

È altresì indispensabile riconoscere il momento di insorgenza e la presenza di una grave condizione di instabilità secondaria alla fibrillazione atriale.

A seguito di queste valutazioni si deciderà riguardo ad un tentativo di ripristino del ritmo sinusale.

Di solito al primo episodio si procede a cardioversione, indipendentemente dai sintomi. Se l’episodio ha un’insorgenza databile a meno di 24-48 ore è possibile la cardioversione (elettrica o farmacologica).

In presenza di instabilità emodinamica provocata dalla fibrillazione si opta di solito per una cardioversione elettrica immediata. La cardioversione elettrica è una procedura che è in grado di interrompere l’aritmia con una sorta di “reset” del battito.

Qualora l’insorgenza non sia recente o non sia databile e l’aritmia sia ben tollerata, di solito si rimanda la cardioversione (generalmente elettrica) dopo un periodo di terapia anticoagulante della durata di almeno 3-4 settimane. Sulla base di eventuali recidive o in presenza di cardiopatia si può intraprendere una profilassi farmacologica antiaritmica.

Nei casi di inefficacia della cardioversione – in base ai sintomi, all’età e al contesto clinico generale – si può valutare l’eventuale passaggio a metodiche terapeutiche invasive (ablazione transcatetere/chirurgica).

La procedura di ablazione transcatetere della fibrillazione atriale è complessa in quanto richiede il passaggio del catetere ablatore dalle sezioni destre del cuore (cui si arriva per via venosa) a quelle di sinistra. Tale accesso si ottiene tramite una puntura della membrana del setto interatriale con un ago dedicato. Raggiunto quindi l’atrio sinistro si procede all’isolamento elettrico delle quattro vene polmonari, con abolizione dei punti responsabili dell’innesco della fibrillazione atriale.

Prevenzione

La fibrillazione atriale è talvolta secondaria all’ipertensione arteriosa o ad altre cardiopatie, quali ad esempio scompenso cardiaco o cardiopatia ischemica. È pertanto necessario, per quanto possibile, eseguire dei controlli regolari del profilo pressorio e, quando presenti, impostare un corretto iter terapeutico delle cardiopatie, affidandosi al medico cardiologo competente, allo scopo di prevenire le ricorrenze dell’aritmia.

Le informazioni riportate costituiscono indicazioni generali e non sostituiscono in alcun modo il parere del medico.